■
Pietro Calenzo: Non vedo grosse
problematiche, forse il bisogno di una maggiore interazione fra le
assemblee. {01-07-2012}
■
Stefano Polchi: Il fatto che
l’attaccamento alla Parola si trasformi spessissimo automaticamente in una
convinzione di essere i soli «con la Verità in tasca»; e questo impedisce
la comunione sia con altre denominazioni, sia fra le assemblee stesse. Infatti,
quelle che si ritengono «più sante» e migliori delle altre, non
desiderano interazioni né rapporti di alcun tipo. {01-07-2012}
■
Adriano Carmelo Bartolomeo: Il fratello Stefano Polchi
parla di conduzione collegiale, ma in realtà in alcune chiese ciò non
esiste o esiste per i membri della famiglia dell’anziano, cioè una conduzione
familiare come le botteghe. {01-07-2012}
■
Nicola De Serio: Il punto debole è il punto
forte. Infatti, proprio la libertà, che fa del movimento la sua forza, è
lasciata spesso alla sottomissione della carne, invece che a quello dello
spirito. Bisogna anche dire che va riconosciuta la guida degli anziani
preposti e sottomettersi a loro come a chi ha da rendere conto a Dio per
l’ufficio, a cui è stato chiamato. Tutto questo deve essere pienamente
sottomesso al Capo della Chiesa, che è Gesù Cristo. {01-07-2012}
Ognuno dia
secondo la misura della fede, in altre parole secondo il dono o il talento, che
si possiede. Agli amministratori si richiede la fedeltà. {03-07-2012}
■
Massimo Galante: Il troppo
congregazionalismo (buono e condivisibile) porta, tante volte, a poca
comunione tra le varie assemblee. {01-07-2012}
■
Ruben De Finis: La poca o sbagliata
condivisione e comunione tra assemblee, sopratutto tra i giovani
delle assemblee {01-07-2012}
■
Adriano Carmelo Bartolomeo: Nelle chiese dei Fratelli manca la
comunicazione dal pulpito all’assemblea o è solo unilaterale. Chi detiene il
pulpito, ha diritto di scelta, gli altri si devono adattare. Forse è meglio una
chiesa senza pulpito. Almeno questa è la mia esperienza in due chiese dei
fratelli nello stesso paese.
■
Luigi Avella:
La libertà, di cui si
parlava sopra, è da usare con la dovuta cautela, come fosse un farmaco.
Venticinque anni, fa sentivo dire che nelle assemblee le cose non andavano,
perché mancavano quei fratelli col dono di tirare le orecchie ai fratelli
un po’ disordinati, perché c’era troppa libertà. {01-07-2012}
■
Matteo Ricciotti: Tradizioni, nepotismo,
diotrefismo, aspetti secondari che diventano dottrine basilari... {02-07-2012}
■
Adolfo Monnanni: L’eccessiva indipendenza
rallenta i rapporti fra le chiese. Dovremmo trovare metodi d’interscambio fra le
assemblee. {02-07-2012}
■
Sandro Bertone: Il punto debole è la
graduale perdita di alcuni (grazie a Dio, non di tutti) della «sinderesi»,
della semplice capacità di distinguere il bene dal male in ogni
circostanza e in ogni sua manifestazione. La perdita della capacità di
discernere. L’abdicazione alla facoltà di usare il buon senno. Lo
Spirito Santo chiamato in causa, a volte, a sproposito, ci fa capire che Dio ci
ha dato il discernimento, affinché lo possiamo sviluppare e usare e che,
come tutte le cose che non si sviluppano e non si usano, s’indeboliscono e
muoiono. E del buon senso o della sinderesi, mia nonna diceva che lo deve usare,
chi lo ha... {03-07-2012}
■
Matteo Ricciotti: La sinderesi non è un fatto
acquisito definitivamente. A volte c’è, altre volte potrebbe venire meno. Per
poter discernere il bene dal male, occorre essere continuamente in sintonia con
Dio e la sua volontà, altrimenti ciò che oggi discerniamo, domani lo possiamo
perdere. Il re Asa c’insegna molto riguardo a questo: 35 anni splendidi, ma poi
6 anni in rovina. {03-07-2012}
■
Stefano Frascaro: Una volta, giovane nella
fede, mi chiesero che chiesa frequentavo, e gli dissi appunto «dei Fratelli».
Sgranarono gli occhi e mi dissero: ma quei bigotti? Ecco, forse è proprio
questo il punto «debole», se poi così lo vogliamo chiamare, il passare per
bigotti e intransigenti nei confronti del Vangelo. Ma quando gli chiesi
se la sua osservanza del Vangelo poteva risultare un problema, non ottenni
risposta. È indubbio che lo studio approfondito della Parola di Dio, che
c’è negli incontri, ci porta a una maggiore dimestichezza e, quindi, si
riesce a saper cogliere le deviazioni dottrinali, ma si deve fare
attenzione a non cadere nella presunzione. {24-11-2014}
■
Vincenzo Russillo: In alcune realtà c’è poca coesione dei giovani, a causa dell’egocentrismo
e del nepotismo. Ci vuole maggiore dialogo e ci si deve concentrare sulle
giovani risorse. La cura, a mio parere, dovrebbe essere quella di una
maggiore partecipazione e di disciplina. Altra problematica è quella dei
target, che alcune chiese si creano, per avere maggiore credibilità;
infatti, è già stato evidenziato come elementi marginali vengono gonfiati
e assunti come elementi di primaria importanza (si veda il calice e i
bicchierini, il velo o come ha detto la sorella Fortunata il problema
dell’interpretazione del versetto, dove si dice «si tacciano» riferito alle
donne). Una fede attiva e capace di una disamina attenta della realtà può essere
un buon antidoto contro i «palloni dottrinali», che vengono gonfiati.
{24-11-2014}
■
Erika Mucci Toti: C’è ancora molta strada da
fare nella cura pastorale, nella consulenza, nell’applicazione della
psicologia con la Parola di Dio. È anche vero che non essendoci finanze
sufficienti nell’ambiente evangelico italiano, pochi sono realmente preparati
per guidare altri a una terapia di guarigione e pochi dunque sono i
collaboratori. Non si può difatti aggiungere anche questo agli anziani o
comunque a coloro, che già hanno altri compiti. {24-11-2014}
■
Adriano Carmelo Bartolomeo: In alcune chiese dei
Fratelli l’ordine del culto è così ferreo, che chi lo infrange, viene
rimproverato. Ad esempio, c’è chi è stato ripreso perché ho chiamato un
cantico in più, alla fine del culto, perché la regola non scritta prevede un
solo cantico. Chiaramente tutto ciò alimenta uno spirito di amarezza. [N.d.R.:
Contributo condensato da un testo più ampio e riformulato.]
■
Sebastiano Giambrone: La
poca apertura ad altre aggregazioni
è un punto debole. {24-11-2014}
■
Anila Sinaj: Secondo la mia esperienza, il punto di maggiore fragilità è la
cura pastorale. {14-07-2012}
■
Stefano Frascaro: L’essere chiese libere
fa sì che si voglia ostentare questa libertà, non cercando neppure la
comunione con le chiese vicine. Forse la mancanza di desiderio di dialogo
è uno dei maggiori problemi del movimento dei Fratelli. {12-07-2012}
■
Matteo Armillotta:
Un punto debole sono i fratelli disubbidienti. Lo sono i fratelli di altre denominazioni,
che vogliono far parte delle assemblee, portandosi dietro le loro convinzioni
dottrinali; un esempio su di tutti sono i calvinisti, ma non solo. E, infine, lo
sono tutti quei fratelli, che non studiano in modo sistematico la Parola
di Dio. {15-07-2012}
2. La valutazione dei dati
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Dopo aver avviato il quesito, ho cercato di non intervenire sulle singole
asserzioni dei partecipanti, al fine di lasciare libertà e non condizionare le
risposte. Ora, faccio una mia valutazione dei dati pervenuti. A ciò aggiungo
anche alcune mie valutazioni generali. Ciò non
toglie, che anche altri posano aggiungere le loro proprie valutazioni
riassuntive. {Nicola Martella}
È
sorprendente come molti aspetti del «punto forte» diventino, in qualche
modo, secondo i lettori, la base per gli elementi, che costituiscono il «punto
debole» del movimento dei fratelli. Ho dovuto pensare a un’illustrazione,
che renda l’idea: la mole di un guerriero (p.es. Goliat) gli dà potenza
sull’aperto campo di battaglia, ma lo rende goffo e ingombrante nella vita
normale fra le quattro mura, non sapendo egli come gestirla al chiuso.
Quando ho aperto la discussione su questo punto, qualcuno mi ha scritto
privatamente, affermando: «Caro fratello Nicola, sarebbe meglio parlare di punti
di forza; i punti deboli sono ovunque». {S.G.; 01-07-2012} Ecco che cosa
mi viene da rispondergli. Nel primo punto abbiamo parlato di punti di
forza, nel secondo parliamo dei punti deboli; ciò è necessario per vari
motivi. I punti di forza aiutano a capire la propria identità; tuttavia,
a volte, fanno cullare o, addirittura, inorgoglire. I punti deboli
presentano le questioni, a cui bisogna ancora lavorare, per migliorare; perciò
fanno restare umili, vigili e operosi e permettono di fare cambiamenti positivi.
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■ Sacra Scrittura: Si afferma che essa ha, sì, il primato nelle
assemblee, ma non sempre si riesce ad applicarla fedelmente e nella concretezza.
Ciò ha un paio di motivi: ▪ 1. Molti hanno un approccio dogmatico e non
esegetico alla Scrittura; ▪ 2. La «propensione al tradizionalismo»
rappresenta un filtro per la corretta interpretazione. Anche qui il consenso
fa apparire le cose, a volte, in modo differente da come lo erano veramente al
tempo del NT. Per fare un esempio, si veda qui l’accoppiata «Cena del Signore» e
«domenica» o l’interpretazione di «rompere il pane» (= in realtà, «prendere un
boccone») come sinonimo di celebrazione della Cena del Signore.
■ Disubbidienza alla Parola: È stato fatto notare che un punto
debole sono coloro, che non studiano sistematicamente la Parola e che
sono disubbidienti a essa. Tuttavia, ciò vale per ogni tipo di chiesa.
■ Autonomia o indipendenza?: Sotto la spinta dell’individualismo
occidentale, essa è intesa in modo così estremo che ogni comunità diventa
un’isola a sé; e ciò vale anche laddove nella stessa città ci sono vari locali
di culto, in cui ogni relativa comunità difende la propria indipendenza. Un
congregazionalismo esasperato isola le singole chiese. Viene evidenziata la
mancanza di dialogo e di comunione con le assemblee vicine. Paolo, se vivesse
oggi, sarebbe costretto a scrivere non una sola lettera ai Romani, ma tante
lettere quanti locali di culto ci sono in tale città. Anche i partecipanti più
moderati vedono il bisogno di una «maggiore interazione fra le
assemblee».
■ Le donne: La partecipazione attiva delle donne alle riunioni e ai
culti è variegata. Essa va dall’impossibilità di citare addirittura degli inni,
in alcune chiese, o di pregare pubblicamente, a donne che fanno le
cosiddette «worship leader» in certe altre chiese, o addirittura
distribuiscono i simboli. Una chiesa partecipata rifuggirà da tali estremi e
come famiglia di Dio si impegnerà continuamente a trovare un giusto
equilibrio, in conformità all’ordine cultuale del NT, interpretando i brani
critici nel loro contesto e non usandoli in modo ideologico e strumentale.
■ Massimalismo: Come è stato evidenziato, una particolare
interpretazione della Parola fra alcune frange delle assemblee, le isola
dalle altre. A ciò si aggiunga che i massimalisti, sebbene pochi nelle
assemblee, sono abbastanza militanti e determinanti e pensano di dover
difendere la «tradizione dei Fratelli» e di avere un compito speciale per
portare la loro visione dottrinale ed ecclesiale nell’intero movimento.
■ Intransigenza: Come ha evidenziato un lettore, quelli di fuori
vedono alcuni dei Fratelli come bigotti, intransigenti e
presuntuosi. Alcuni hanno ribadito il fatto che elementi marginali
vengono presentati da alcuni così, come fossero elementi di primaria importanza,
ed essi insistono continuamente su di essi.
■ Libertà o arbitrio?: Viene evidenziato come la libertà, punto
forte delle assemblee, possa diventare arbitrio mediante l’individualismo
di singoli e di comunità. Ciò riguarda sia l’andamento dei culti, sia l’etica.
Il risvolto della medaglia è, in altre assemblee, un forte legalismo.
Come è stato evidenziato, il rimedio è localmente una conduzione
autorevole, irreprensibile e sottomessa a Cristo. Qualcuno ha suggerito, come
soluzione all’arbitrio, il «dono di tirare le orecchie ai disordinati»,
ossia di saper ammonire da parte del Signore; questo compito spetta specialmente
ai conduttori.
■ Perdita di etica: In passato le assemblee erano conosciute non
solo per la «sana dottrina», ma anche per la buona etica. Come è stato
evidenziato, c’è una perdita di discernimento morale, di buon senso e di
sinderesi. Può succedere che coloro, che oggi si gloriano dei «padri» del
movimento dei Fratelli e appaiono come strenui difensori della «tradizione dei
Fratelli», possono essere dei nani in morale, se confrontati con i primi.
■ Dirigismo e nepotismo: Come è stato asserito, in alcune assemblee
esiste troppo dirigismo dal pulpito e poca comunicazione fra i credenti.
Inoltre, la conduzione diventa una faccenda di famiglia. In certi casi,
come è stato evidenziato, l’impegno predominante della famiglia del conduttore
sfocia in nepotismo, ossia il conduttore occupa i posti rilevanti della
chiesa con i suoi parenti. Penso che un collegio di conduttori possa
attenuare tale fenomeno rispetto alla presenza di un solo conduttore.
■ Cura pastorale: Essa è la Cenerentola di tutte le chiese e
non soltanto delle assemblee. I conduttori sono spesso impreparati ad
ascoltare chi chiede aiuto, ad analizzare i problemi reali, ad addivenire a una
giusta diagnosi del caso e ad intervenire in modo specifico e competente. A ciò
si aggiunga che alcuni conduttori non sanno tenere il segreto professionale
e, parlando ad altri di ciò che è stato detto nel segreto, perdono la fiducia
dei membri della loro chiesa.
■ Regole e tradizioni: Ambedue sono buone, se servono a dare
maggiore libertà di spirito in accordo con le Scritture. Tuttavia, in alcune
assemblee vengono tramandate regole, a volte anacronistiche, che rappresentano
delle prigioni mentali. Si pensa che esse siano «tradizione dei Fratelli»
e che, come tali, corrispondano alla «sana dottrina», ma è soltanto una
casuistica rituale e morale costruita da alcuni uomini in corrispondenza
della cultura cristianizzata del loro tempo, ossia che attiene a un
presunto «ordine di culto» sacralizzato nel tempo o a certi comportamenti in
sala e fuori di essa. Preferenze culturali e programmi non possono diventare più
importanti delle persone, con cui si è in comunione (cfr. Rm 14). Bisogna
confidare di più nell’opera dello Spirito Santo e nella sua potenza
rinnovatrice mediante la Parola di Dio; e bisogna anche far valere il
discernimento e il buon senso.
Abbiamo detto che le troppe e, a volte, anacronistiche regole sono un punto
debole. D’altro canto lo è pure l’assenza di regole e l’arbitrio
soggettivo. A Corinto succedeva proprio come nel secondo caso, visto che Paolo
dovette ricordare e ingiungere: «Dio non è un Dio di confusione, ma di
pace... ogni cosa sia fatta con decoro e con ordine» (1 Cor 14,33.40).
Tenere in equilibrio le giuste regole e la libertà dello spirito, è un
compito importante e mai assolto in modo definitivo.
■ Dottrine estranee: È stato fatto notare che punti critici nelle
singole assemblee sono creati da credenti, che provengono da altri tipi di
chiesa e che diventano membri delle chiese dei Fratelli, introducendo
dottrine estranee a esse. È stato menzionato il calvinismo, ma si
potrebbe parlare anche di altre correnti di pensiero come il carismaticismo
e la giudaizzazione.
3. Eventuali altri aspetti
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